A dimostrazione che le lingue sono entità viventi, basta osservare come nelle aree interessate da un quotidiano contatto tra lingue diverse, si rileva un costante fenomeno di prestiti linguistici.
I prestiti linguistici comprendono frasi divertenti o espressioni mancanti nella propria lingua. Ciò vale anche per Trieste, città dove nei secoli precedenti si mescolavano culture e lingue diverse. Nel sostrato linguistico triestino sono penetrati numerosi prestiti, oggi usati correntemente nel contesto quotidiano, che pochi ne riconoscono l’origine.
Nel 2020, l’Unione culturale economica slovena (SKGZ) e l’Unione dei circoli culturali sloveni (ZSKD) hanno realizzato, in occasione della giornata europea delle lingue, delle allegre cartoline raffiguranti l’origine slovena di alcune parole del dialetto triestino. Questi prestiti sono mulza, zima e cluca.
Molti triestini si lamentano del freddo dicendo “che zima”, parola slovena che significa “inverno”, mentre una persona squattrinata dirà “son cisto” (in sloveno “čist” significa pulito). Va inoltre rilevato che nel dialetto triestino con il termine “mulze” (in sloveno denomina il sanguinaccio con pinoli e uvetta, tipico del Litorale) non si denota soltanto il sanguinaccio ma anche il grasso adiposo sui fianchi (le cosiddette “maniglie dell’amore”). A Trieste, infine, con la cluca (“kljuka” in sloveno) si apre la porta sia in sloveno che in italiano.
Attraverso le cartoline si è voluto spiegare ai triestini l’etimologia di queste parole, evidenziando che sloveni e italiani abbiamo in fondo molte cose in comune, anche in termini linguistici.