Cosa accomuna l’Opera di Vienna, il Parlamento di Budapest, la stazione ferroviaria di Milano e il ponte di Salcano?
Aurisina ovvero la pietra estratta dalle sue cave. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento l’arenaria di questi luoghi divenne un materiale particolarmente apprezzato nel territorio dell’impero austroungarico grazie alla facilità di trasporto (la linea ferroviaria era vicina al sito estrattivo) e alle sue caratteristiche paragonabili al vero marmo. Già in epoca precedente erano attive sul Carso numerose piccole cave dalle quali veniva estratta la pietra per le necessità dei singoli paesi, per la realizzazione dei palazzi triestini e della relativa infrastruttura. Passeggiando per le vie di Trieste si può notare che le facciate, le scalinate e la pavimentazione sono realizzate con la grigia pietra carsica, più o meno lavorata.
Ad Aurisina, Repen, Santa Croce, Lokev, Kopriva, Povir e non solo si trovavano le cave più grandi che occupavano migliaia di operai, denominati kavadurji, e scalpellini, mestiere particolarmente difficile e logorante. Oggi, nelle cave lavora un piccolo gruppo di operai specializzati che sono particolarmente apprezzati e ricercati. La tradizione storica delle cave è stata presentata nell’ambito del progetto KAMEN, gestito dal Comune di Duino Aurisina nel ruolo di capofila, il partner Comune di Monrupino sta allestendo all’interno del Museo del Carso una mostra permanente dedicata a questa tematica.