Le prime tracce della presenza di genti slave nell’area oggi abitata dalla comunità slovena in Italia risalgono al periodo tra il VI e l’VIII secolo d.C. L’insediarsi di queste popolazioni lungo il fiume Natisone è documentato dallo storico Paolo Diacono nel VII secolo d.C., mentre la loro esistenza nell’entroterra istriano è attestata nel Placito del Risano, risalente all’anno 804 d.C.
Per secoli, noi sloveni non abbiamo goduto di un proprio stato nazionale, e il nostro territorio è stato governato da diverse entità politiche. Le aree oggi popolate dagli sloveni e dalle slovene in Italia hanno seguito evoluzioni storiche distinte, il che si manifesta tuttora nelle differenti realtà all’interno della comunità nazionale slovena.
Durante la Prima guerra mondiale, gli sloveni, ad eccezione di quelli della provincia di Udine, combatterono per l’Impero austro-ungarico lungo l’Isonzo e su altri fronti. Al termine del conflitto, il Goriziano, la provincia di Trieste e la Val Canale, assieme alle regioni Primorska e Notranjska, oggi in Slovenia, passarono sotto il controllo dell’Italia. Nei dieci anni successivi, circa centomila persone emigrarono da queste aree verso la Jugoslavia oppure oltreoceano.
All’inizio del XX secolo, la comunità slovena era particolarmente vivace e attiva. Il suo simbolo era il Narodni dom di Trieste, un vero e proprio centro polifunzionale che fu incendiato dai fascisti il 13 luglio 1920. Altre istituzioni culturali importanti, come il Trgovski dom a Gorizia e il Narodni dom di San Giovanni a Trieste, subirono destini simili.
Durante il periodo fascista, gli Sloveni erano considerati, dallo stato italiano, cittadini stranieri da eliminare il più rapidamente possibile. Fu quindi avviata una politica di italianizzazione forzata che prevedeva l’assegnazione dei posti di lavoro pubblici prevalentemente agli appartenenti alla maggioranza italiana, l’abolizione dell’insegnamento della lingua slovena nelle scuole dal 1927 e l’italianizzazione dei cognomi sloveni. Venne proibito parlare sloveno in pubblico, furono soppresse le attività editoriali in lingua slovena e chiuse quasi tutte le istituzioni culturali.
Le pressioni e le violenze di cui erano vittima alimentarono la resistenza e il malcontento tra gli sloveni e le slovene. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, in molti aderirono al Fronte di liberazione nazionale, trovando sostegno negli Alleati, con cui alla fine sconfissero le forze nazifasciste.
Dopo il conflitto, la situazione linguistica e culturale degli sloveni in Italia iniziò a migliorare, con il riconoscimento dello sloveno nell’ambito istituzionale e pubblico. Nei decenni successivi, la comunità ha progressivamente rivendicato e ottenuto maggiore tutela per i diritti delle minoranze.
Il 25 giugno 1991, la Slovenia ha proclamato la propria indipendenza. Dopo questo evento, le relazioni tra Slovenia e Italia hanno registrato un miglioramento graduale, favorito anche dalla trasformazione del panorama politico-ideologico in seguito alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Nel dicembre del 2007, l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen ha effettivamente eliminato i confini fisici tra Slovenia e Italia. Questi sviluppi hanno contribuito ad aumentare lo status e il prestigio della Slovenia e della lingua slovena, rafforzando contemporaneamente l’autostima della comunità nazionale slovena residente in Italia.